Il viaggio dell’autoconoscenza
consiste nel trascendere l’ego per connettersi all’essenza di ciò che siamo
veramente. È lì che si trova la felicità, la pace e l’amore che in maniera
erronea cerchiamo negli altri e fuori di noi.
Il trauma e l’essenza.
Gli
esseri umani nascono nell’incoscienza più assoluta. Nessun bebè può cavarsela
da solo: dipende completamente dagli altri per sopravvivere sia a livello fisico
che emotivo. Trascorreranno infatti molti anni prima che questo bebè sviluppi
un cervello che possa godere di una straordinaria qualità, la “coscienza”,
ossia quella abilità che ci permette di scegliere come pensare, cosa dire, cosa
mangiare, come comportarsi e, in definitiva, quali decisioni prendere per
costruire la propria vita.
Ma non basta. Dentro l’utero
materno il bebè si sente indissolubilmente legato alla madre, è parte di lei e
per esteso in questa maniera è unito al resto del mondo. È però proprio nel
momento della nascita che si produce il primo grande trauma: la separazione da
questa unione totale con la madre fa sì che perda completamente lo stato di
connessione in cui fino a quel momento si trovava. Improvvisamente incomincia
a soffrire e a patire il freddo e la fame. Ha bisogno di sicurezza e
protezione. Per compensare il tremendo
shock provocato dall’abbandono del caldo e piacevole utero materno, il bebè
comincia a sentire una infinita necessità di affetto, tenerezza ed amore.
La maggioranza delle ferite
che ci procuriamo si curano con il tempo. Curiosamente il trauma generato dal parto è così brutale che
rimane più come cicatrice che come ricordo. Questa cicatrice è esemplificata per
sempre nel corpo dalla presenza del nostro ombelico. È come un segno fisico
che ci ricorda quello che abbiamo perso. Detto in un’altra maniera: l’ombelico
rappresenta quello stato che abbiamo bisogno di recuperare per tornare alla
perfetta unione e connessione che tutti abbiamo provato nel ventre materno.
Insomma, dallo stesso
giorno in cui nasciamo ognuno di noi comincia a perdere il contatto con la propria
“essenza”, con il seme che al suo interno già contiene il fiore che siamo in
potenza. L’essenza è il luogo interno in cui risiede la felicità, la pace
interiore e l’amore, tre qualità che caratterizzano la nostra vera natura e che
non provengono da nessuna fonte o causa esterna, ma solo dalla connessione profonda
con ciò che siamo veramente. Nell’essenza si trova anche la nostra vocazione,
il nostro talento e l’immenso potenziale che tutti possiamo utilizzare al
servizio di una vita utile, creativa ed in definitiva portatrice di un senso.
La migliore versione di noi stessi.
“Non sei il discorso che ascolti nella tua testa. Sei
l’essere che ascolta quel discorso”. Jiddu
Krishnamurti.
Da
un punto di vista emozionale non appena ci ricolleghiamo alla nostra essenza torniamo in possesso di tutto ciò che abbiamo bisogno per sentirci completi e
pieni di e per noi stessi. L’essenza è una qualità innata capace di avvicinarci
alla libertà, alla responsabilità, alla fiducia, all’autenticità, all’altruismo,
alla solerzia ed alla saggezza facendo in modo di trasformarci nella migliore
versione di noi stessi. È sinonimo di luce.
Siamo
in contatto con la nostra vera essenza quando ci sentiamo molto rilassati,
tranquilli e sereni. Quando, indipendentemente dalla circostanze esterne,
dentro di noi sentiamo che tutto va bene, che tutto è perfetto, che non ci
manca niente. Quando viviamo in forma cosciente, rendendoci conto dei nostri
automatismi psicologici. Quando siamo capaci di scegliere i nostri pensieri, le
attitudini ed i comportamenti, raccogliendo risultati emozionali soddisfacenti
in maniera volontaria. Quando riusciamo a relazionarci con gli altri in forma
pacifica, costruttiva ed armoniosa, cercando noi di comprendere, invece di
volere che prima gli altri ci capiscano.
Siamo
in contatto con la nostra essenza quando smettiamo di turbare noi stessi
facendo delle interpretazioni della realtà più sagge, neutre ed obiettive. Quando
accettiamo gli altri per come sono, offrendo in ogni interazione il meglio di
noi stessi. Quando viviamo nel presente godendo del “qui ed ora”. Quando rimaniamo
in silenzio ed ascoltiamo con tutta la nostra attenzione i segnali che ci invia il nostro corpo. Quando finalmente riusciamo a vedere l’insegnamento che ci
offre tutto ciò che ci succede. Quando proviamo una profonda allegria e
gratitudine solo per il fatto di essere vivi. Quando abbiamo fiducia in noi
stessi e nella vita. Quando abbandoniamo la necessità di voler cambiare il
mondo e lo accettiamo per quello che è, fornendo il nostro granello di sabbia
senza aspettative. Quando riconosciamo di non sapere e ci mostriamo mentalmente
aperti a nuove forme di apprendimento...
Vivere da dentro a
fuori.
Nella
stessa maniera in cui sappiamo quando siamo innamorati, sappiamo perfettamente
quando siamo in contatto con la nostra vera essenza. Questo stato non ha nulla
a che fare con le parole, la logica o la ragione. Piuttosto ha a che fare con l’arte
di essere, con la sensazione di unione e connessione. Tutti abbiamo vissuto dei
momenti “essenziali” nei quali ci siamo sentiti liberi di fluire in pace ed armonia,
come se fossimo connessi con gli altri in una maniera che oltrepassava la
nostra capacità di comprensione. Quando ritorniamo infatti al luogo da cui
siamo partiti e dal quale tutti proveniamo, proviamo l’esperienza di un punto
di svolta nella nostro forma di intendere e di godere della vita. Iniziamo a
vivere da dentro a fuori. E nonostante la nostra vita rimanga uguale, quando
cambiamo noi da dentro, tutto improvvisamente incomincia a cambiare. Molti saggi
di diverse epoche l’hanno definita “la rivoluzione della coscienza”.
Liberamente
tratto e tradotto dal libro “Encantado
de conocerme” di Borja Vilaseca (2008).
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